Davide Peccioli


Recensione di 'La Tregua' di Primo Levi


Il romanzo è il seguito di ‘Se questo è un uomo’, e racconta delle peripezie dell’autore per tornare a Torino dopo la liberazione del campo di Aushwitz da parte dei russi.

Rispetto al precedente, i temi trattati sono molto più leggeri, e il peso delle azioni naziste torreggia molto meno sul lettore, che può concentrarsi su altro. Infatti, al pari del già citato “Se questo è un uomo”, sono presenti molti spunti per analizzare l’uomo e le sue reazioni alle avversità, in quanto sono descritte molte genti, tutte alle prese con una stessa situazione: la fine di una guerra mondiale.

Così si possono fare dei confronti, e trovare delle similitudini. Per esempio, elemento comune: ogni moneta, o quasi, ha perso gran parte del suo valore, e viene vietata l’esportazione dai confini di stato della stessa.
Si denotano invece, le differenze tra l’organizzazione di tre potenze, Russia, Stati Uniti, e stato nazista, analizzate direttamente dall’autore stesso. La prima ha una burocrazia molto lenta, e molto imprecisa, e i soldati e gli ufficiali sono molto più umani. La seconda e la terza sono efficientissime, ma rendono inumane le truppe: ogni ordine che arriva dall’alto è eseguito senza alcuna passione, sia nel bene, che nel male.

Proprio a causa della burocrazia e mal organizzazione russa, Primo Levi viaggerà per tutta l’Europa dell’est, sostando diversi mesi in un accampamento siberiano, prima di raggiungere il confine gestito dagli americani, per mezzo di un trasporto quasi di fortuna. Qui sarà rispedito a Torino nel giro di pochi giorni.

Lettura indispensabile dopo aver letto “Se questo è un uomo”, è un’avventura storica e geografica, dal momento che descrive situazioni e luoghi che non sono più così.